Gli esercizi di propriocezione

Il primo gruppo di esercizi (propriocettivi) si concentra sull’ascolto del corpo. Moltissime
discipline sempre più diffuse aiutano in questo percorso insegnando alla persona a riconoscere gli stati di
tensione localizzati in vari punti del corpo e a gestirli. Ne citerò alcune, ma questo elenco è molto
incompleto: Rolfing, Grinberg, Feldenkreis, training autogeno, shiatsu, meditazione, yoga. Ognuno di
questi metodi ha presupposti e finalità diverse, ma tutti si basano sul concetto che la persona può aiutare
se stessa sentendo il proprio corpo ed agendo di conseguenza.
La finalità degli esercizi di propriocezione non è il semplice e generico rilassamento (che ne
costituisce una condizione essenziale), bensì la capacità di attuare costantemente una sorta di “scansione”
delle tensioni del corpo, in modo da poterle poi gestire. Come dice giustamente Carl Flesch nella sua
“Kunst der Violine” del 1924, non si può suonare uno strumento semplicemente rilassando tutti i muscoli:
qualche muscolo che lavora ci deve pur essere! Il problema è quello di sapere in ogni istante quali
muscoli devono lavorare e quali devono rimanere rilassati.
Dal mio punto di vista, bisogna andare ancora più in là: non solo bisogna sapere quali muscoli
devono lavorare, ma bisogna sapere quanta energia devono utilizzare. Un muscolo che utilizzi troppa
energia diventa presto rigido ed inutile per il fine gioco di movimenti richiesti per suonare uno strumento.
L’altra cosa da sapere è che, se i muscoli che devono stare rilassati non lo sono, allora saranno
certamente di impaccio. Immaginiamo di dover spostare una valigia pesante: se il nostro amico, anziché
starsene tranquillo ed aspettare il suo turno di spostare la propria valigia, cerca maldestramente di aiutarci
tenendo in mano la sua valigia non farà altro che aggravare il nostro carico di lavoro.
Ho usato spesso il verbo “sapere” in queste istruzioni, ma è chiaro che il suo significato in
termini di fisicità del corpo è quello di “sentire”, “percepire”.
Presupposto essenziale per sentire il proprio corpo è uno stato di generale rilassamento e
benessere che può venire sia dall’esterno (l’ambiente in cui ci si appresta ad effettuare gli esercizi) sia
dall’interno (sotto forma di una grande concentrazione, stando attenti a non confondere concentrazione e
tensione!).
Altra condizione essenziale è una buona respirazione, profonda, e che “invada” ogni parte del
corpo: è importante sentire che con l’ispirazione non si riempiono solo i polmoni. Come i cantanti
dobbiamo sentire che il respiro riempie tutto il corpo: petto, addome, schiena, spalle, braccia, bacino,
gambe. Una buona respirazione profonda attiva ogni parte del corpo, anche quelle che il cervello non è
abituato a gestire.
Un metodo efficace per gestire una tensione (una volta che la si sia individuata) è quello di
aumentarla volutamente, eventualmente aiutandosi anche con altre tensioni, finché la sensazione di
tensione sia perfettamente chiara, e poi lasciarla. Ripercorrere il percorso dallo “sbagliato” al “giusto” e
viceversa sia uno dei modi in cui il cervello impara meglio.
Un altro metodo efficace è quello di imporre ad una parte del corpo “sana” (ad esempio la mano
o il braccio che non patisce la distonia) la stessa sofferenza patita dalla parte sofferente. Ad esempio, se
abbiamo difficoltà ad alzare il quarto dito della mano sinistra, possiamo cercare di imporre al quarto dito
della mano destra la stessa difficoltà. Le prime volte può sembrare un po’ assurdo, ma con l’esercizio il
cervello impara che il percorso di risoluzione del problema da parte della mano destra (che lo fa
spontaneamente, non patendo particolari difficoltà) può essere insegnato anche alla mano sinistra.
L’applicazione concreta degli esercizi di propriocezione alla tecnica di qualunque strumento
consiste nel semplificare il più possibile i movimenti e, in ogni situazione, attuare una specie di
“scansione” delle tensioni che coinvolgono ogni parte del corpo. Per esempio, dopo aver messo la mano
in maniera da suonare una nota, ci si può concentrare sul percorso che va dalla nuca alla spalla, al braccio,
al gomito, all’avambraccio, al polso, al palmo, al dorso ed alle dita. Attraverso dei lievi movimenti di
ognuna delle parti “scansionate” possiamo sentire lo stato di tensione o rilassamento delle stesse. Un
leggero tocco da parte di un’altra persona può aiutarci a spostare la nostra concentrazione da un punto
all’altro.
Sembra un esercizio banale, ma la sua applicazione può richiedere capacità di analisi del proprio
corpo difficili da acquisire.
Movimenti più o meno accentuati, ma sempre attuati con il massimo rilassamento, possono

aiutare ad eseguire la stessa “scansione” nelle parti del corpo non direttamente coinvolte nel suonare:
piedi, caviglie, polpacci, ginocchia, anche, bacino, schiena.
Piano piano questi movimenti, eseguiti in maniera via via più ridotta (ma sempre nella massima
libertà), andranno integrati al movimento generale del corpo durante lo studio e le esecuzioni musicali, in
modo da avere costantemente la possibilità di controllare istantaneamente lo stato di tensione o
rilassamento di ogni parte del corpo.
È importante insistere sul concetto di “ogni” parte del corpo, perché il cervello tende a
semplificarsi il lavoro escludendo le parti più problematiche. Ad esempio se una persona ha tendenza ad
avere le ginocchia rigide, il suo cervello tenderà a “glissare” quando la sua concentrazione dovrebbe
concentrarsi sulle ginocchia e a non rilevare lo stato di tensione.
Gli esercizi di propriocezione vanno applicati ad ogni momento dell’apprendimento tecnico in
maniera dinamica: durante ogni movimento è possibile rendersi conto dello stato di tensione o
rilassamento delle varie parti del corpo.
Più spesso si applica questa modalità di studio, tanto più i nostri movimenti saranno esenti da
fattori di rischio che mettano in pericolo la nostra tecnica, sia che stiamo suonando una sonatina di
Clementi, sia che eseguiamo un concerto di Liszt.