Gli esercizi muscolari

Inizio questo capitolo con un’avvertenza che ritengo della massima importanza: perché
l’organizzazione del movimento sia efficiente bisogna che ogni muscolo abbia il giusto grado di tonicità,
non il massimo grado possibile.
Siamo abituati ad associare il lavoro sui muscoli agli esercizi di sollevamento pesi, flessioni con
una mano alla Rambo, decine di addominali, muscoli sempre più grossi da culturisti, sudore e fatica.
Il lavoro sui muscoli a cui mi riferisco è qualcosa di totalmente diverso. Per avere un’immagine
di quello che voglio dire, provate ad immaginare di dare il vostro prezioso violino Amati o il vostro
ottavino Bulgheroni in mano a Sylvester Stallone dopo che ha interpretato il personaggio di Rocky!
Lo scopo principale di tale lavoro è quello di creare un’armonia il più possibile perfetta fra i
diversi gradi di tonicità di tutti i muscoli di dita, mano, braccio e così via. Ricordiamo che una delle
caratteristiche della distonia è quella di portare il cervello a preferire nettamente i muscoli forti (che gli
danno una certa garanzia del risultato) rispetto a quelli deboli, tanto da “dimenticarsi” di questi ultimi.
Con il risultato che i muscoli deboli perdono quasi totalmente la propria tonicità, riducendosi
progressivamente di dimensione, mentre i muscoli forti aumentano a dismisura tonicità e dimensioni. In
entrambi i casi il risultato sono le dolorose contratture che impediscono al muscolo di rilassarsi.
Ma perché non possiamo dedicarci semplicemente ad un rafforzamento generalizzato di tutta la
muscolatura? La ragione è che il musicista non ha bisogno di particolare forza per suonare il proprio
strumento, ma ha bisogno della massima coordinazione e precisione. L’eccessiva tonicità porta il muscolo
ad irrigidirsi, perdendo ogni possibilità di controllarlo con precisione: se sollevate una pallina da golf con
una gru, difficilmente riuscirete a fare buca!
Il primo passo per affrontare gli esercizi muscolari è quello di rendersi conto dei propri muscoli:
attraverso accurati esercizi di propriocezione e sensorialità dobbiamo metterci in grado di percepire il
grado di tonicità o debolezza dei vari muscoli. Più questi esercizi sono eseguiti con cura, più avremo
un’immagine chiara della situazione muscolare. Non abbiamo bisogno di un manuale di anatomia per
percepire i nostri stessi muscoli: la sensibilità ci aiuta più di qualunque studio teorico.
Questa “mappatura” non sarà mai perfetta e si può continuare per anni a migliorarla. Ad un certo
punto del percorso diventerà spontaneo cercare di migliorarla di giorno in giorno, anzi diventerà una vera
e propria esigenza, poiché sarà la via privilegiata per il costante miglioramento della nostra tecnica e delle
sensazioni piacevoli che questo miglioramento porta con sé.
Ogni volta che percepiamo uno o più muscoli troppo forti o troppo deboli, il lavoro consiste
nell’insegnare al cervello a coordinarli con più o meno energia, per riportare l’equilibrio perduto. Ho
parlato di “coordinare” nel senso che i muscoli forti devono imparare a muoversi con meno energia, con
movimenti più fluidi, mentre i muscoli deboli devono imparare a massimizzare il movimento senza
richiedere l’intervento di altri muscoli, e mantenendo più basso possibile il livello di energia richiesto.
Le prime volte sembra impossibile muovere un certo muscolo troppo debole, ed occorre una
grande concentrazione perché esegua anche solo movimenti impercettibili. Probabilmente perché si
muova staremo usando troppa energia. È più che naturale: per ora lo scopo è che il muscolo si muova,
non importa se con troppa energia. Si faccia però molta attenzione a non pretendere troppo da un muscolo
non abituato a lavorare: ai primi accenni di dolore bisogna smettere e lasciarlo riposare. Se succede che il
muscolo si affatichi troppo non è comunque un gran problema, nel senso che è difficile che si danneggi;
però non riusciremo ad effettuare l’esercizio per un certo periodo, finché non si sia riposato a sufficienza,
e questo ritarda il nostro interminabile lavoro.
Qualcuno sarà tentato di usare dei pesi, ad imitazione di quello che fanno gli sportivi in palestra.
Non credo che questo faciliti il lavoro. Dal mio punto di vista i pesi abituano il muscolo ad usare più
energia del necessario, e quindi il lavoro non tende alla precisione ma al rafforzamento. Non credo
nemmeno che i pesi accelerino il processo di rafforzamento: il muscolo deve muoversi, non deve
compiere lavori pesanti.

Si concentri molto l’attenzione su entrambi i momenti del lavoro del muscolo: tensione e
distensione. In generale è importantissimo sapere quali movimenti richiedano la tensione del muscolo e
quali richiedano la sua distensione. Ad esempio, l’articolazione della dita del pianista deve avvenire

tramite un movimento verso l’alto (cioè in direzione contraria alla forza di gravità) del maggior numero
possibile di muscoli, in modo che lo sforzo sia egualmente ripartito e nessun muscolo debba effettuare un
lavoro eccessivo, ed un movimento verso il basso, in cui le dita cadono sulla tastiera. “Cadere” significa
annullare la tensione messa per alzare il complesso dito-altre dita-mano-polso e sfruttare l’effetto della
forza di gravità.
L’alternanza tensione-distensione è la maniera più ergonomica per utilizzare i nostri muscoli, a
patto che la tensione sia la minore possibile e la distensione più completa possibile.
Nel caso dei muscoli troppo tonici, bisogna insegnare al cervello a muoverli in maniera più fluida
e con molta meno energia. Per ottenere il controllo (cosa che si ottiene molto gradualmente!) è possibile
muovere il muscolo in questione applicando una certa resistenza (ad esempio con un dito dell’altra mano),
e riducendo molto gradualmente la resistenza stessa. Dopo un po’ di tentativi il muscolo troppo forte si
“rassicura” ed inizia a muoversi con meno rigidità, finché la resistenza si riduce ad un mero contatto
senza forza. Piano piano si può poi eliminare il contatto stesso, che finora è servito da “guida” per
indicare la strada al movimento.
Tutti gli esercizi muscolari (esattamente come gli altri di cui abbiamo parlato) devono essere fatti
con la mente aperta, respirando bene. In particolare si devono tenere d’occhio le tensioni che possono
insorgere in una qualunque parte del corpo, e che ci indicano che la nostra concentrazione si sta
trasformando in tensione (ognuno ha luoghi del corpo in cui si concentrano più facilmente le tensioni
della vita quotidiana; tali luoghi devono essere “guardati a vista”). Quando succede questo è opportuno
fare una pausa, lunga o breve a seconda di quello che ci suggerisce il nostro corpo, che piano piano
stiamo imparando ad ascoltare e a muovere.
L’approfondimento dei tre tipi di esercizi e percezioni che ne scaturiscono costituiscono la base
della tecnica di qualunque strumento nonché il “segreto” per perfezionare ogni singolo movimento: non
c’è difficoltà tecnica che non richieda precisione nella percezione (di sé e dello strumento), nel tocco e nel
coordinamento dei muscoli.
Insisto sul fatto che, se per le persone affette da distonia questa via è obbligatoria, per chi non ne
è affetto è un’occasione eccezionale per migliorare in maniera esponenziale le proprie abilità tecniche.
Indirettamente anche le abilità musicali migliorano moltissimo: la capacità di percepire e controllare il
movimento aumenta la sensibilità alla sonorità dello strumento, al fraseggio (che è intimamente correlato
alla respirazione), migliora il senso del ritmo (che spesso è zoppicante a causa di tensioni muscolari che si
riflettono sulla percezione).
In generale, come è intuitivamente comprensibile, maggior facilità tecnica (= di movimento)
significa maggior libertà di pensiero, poiché il cervello non ha bisogno di affaticarsi per “fare le note
giuste” e può occuparsi di quella parte del suonare che costituisce lo scopo di ogni musicista: la musica!